La lettera a Filemone è la più breve lettera di Paolo (nell’originale greco si contano 335 parole) ed è anche la lettera più personale da lui scritta.
Filemone era un ricco pagano di Colosse diventato cristiano probabilmente ascoltando la predicazione di Paolo (v. 19), e la lettera a lui indirizzata fu scritta tra il 58 e il 60 d.C., mentre Paolo si trovava in una prigione romana.
La lettera a Filemone e quella inviata ai Colossesi sono strettamente collegate. Entrambe sono scritte dallo stesso luogo, indirizzate alla stessa chiesa e furono portate a Colosse da Tichico, collaboratore di Paolo. Entrambe menzionano circostanze simili sulla prigionia dell’apostolo e presentano una lista quasi identica di saluti personali. La città di Colosse fu probabilmente evangelizzata da alcuni colossesi che avevano ascoltato il Vangelo ad Efeso (Atti 19:10), nei due anni in cui Paolo aveva operato in questa città. Tra i membri della comunità di Colosse c’erano Epafra, Filemone, Apfia e Archippo.
Il nocciolo della lettera riguarda Onesimo, schiavo di Filemone.
Come abbiamo già accennato, questi era un uomo facoltoso, mentre Onesimo era uno schiavo che lavorava per lui e che era fuggito da Filemone, probabilmente derubandolo (v. 18). Durante la sua fuga era giunto a Roma e, in qualche modo, in una prigione aveva trovato Paolo, al quale aveva raccontato di aver fatto un torto al suo padrone. L'apostolo aveva parlato ad Onesimo della grazia salvifica di Dio, ed egli si era convertito al Signore. Secondo le vigenti leggi sulla schiavitù, Paolo sapeva che lo schiavo doveva ritornare al suo legittimo proprietario. Essendo però Onesimo diventato un discepolo di Cristo, l’apostolo aveva deciso di scrivere al suo amico Filemone incoraggiandolo a riceverlo come un fratello in Cristo.
Nella lettera, Paolo chiede accoratamente di accogliere, perdonare e riconoscere il nuovo stato di Onesimo come fratello nella fede.
In questa storia si nota come il cristianesimo superi le barriere sociali, cambi radicalmente le relazioni. Il nocciolo della richiesta di Paolo è che Onesimo deve essere accolto come un caro fratello (v. 16). Nella famiglia di Cristo si è uniti nel suo amore.
Dunque lo scopo della missiva era di intercedere presso Filemone affinché perdonasse lo schiavo e lo ricevesse come un fratello in Cristo. Qualcuno ha descritto questa lettera come una gemma perfetta di delicatezza, generosità e cortesia, culminante in un affettuoso appello a Filemone perché riceva Onesimo come avrebbe ricevuto Paolo.
La Bibbia non ci dice come è andata a finire questa storia: non sappiamo quale accoglienza sia stata riservata ad Onesimo dal suo padrone, ma vogliamo credere che Cristo abbia operato nel cuore dell’uno e dell’altro.
Per la legge romana, uno schiavo fuggitivo doveva aspettarsi la flagellazione, la crocifissione o il combattimento nell’arena, ma Paolo spinse Filemone a concedere la grazia. Paolo non ignorava i reati dello schiavo, né dimenticava il debito che aveva contratto con il suo padrone, tanto che si offrì di pagarlo lui stesso (v. 19). In questa sua offerta c’è un riflesso del messaggio che troviamo nel Vangelo: Cristo ha agito verso di noi con amore pagando il prezzo per risanare la nostra relazione con Dio.
La difesa dell’apostolo Paolo in favore di Onesimo illustra magnificamente quella del nostro Signore Gesù verso coloro che sono stati liberati dalla schiavitù del peccato.
Noi, come Onesimo, ci eravamo ribellati a Dio, rifiutandoci di servirlo nel modo giusto e quindi ci siamo resi colpevoli verso di Lui. Gesù Cristo, però, ci ha trovati e, per la sua grazia, ha operato un cambiamento in noi e ha interceduto per noi presso il Padre, affinché potesse accordarci il suo perdono e accoglierci nuovamente nella sua famiglia.
Ma il messaggio del Vangelo va ancora oltre.
Vivere come cristiani, come figli di Dio, significa assomigliare sempre più a Gesù.
L’appello al perdono fatto da Paolo ci ricorda che siamo chiamati ad esercitare il vero perdono. Egli non sta semplicemente chiedendo a Filemone di perdonare Onesimo, ma di accettarne la presenza, di accoglierlo come un fratello (vv. 16-17).
E qui ritorna un principio semplice presente in tutto il NT: agite nei confronti degli altri come Dio ha agito nei vostri confronti, perdonate così come siete stati perdonati (Matteo 6:5-15; Efesini 4:31-32).
Dio vi tende la mano attraverso Cristo Gesù. Egli vuole offrirvi la riconciliazione con il vostro Creatore.
Solo allora sarete capaci di riconciliarvi con il vostro prossimo. Il Vangelo rinnova le vite, trasforma i rapporti interpersonali, dona pace e gioia.
Vogliamo invitarvi a riflettere su questi argomenti e, mentre leggete la Lettera di Paolo a Filemone, chiedete a Dio di parlare al vostro cuore. Buona lettura.