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Isaia preannuncia davvero Cristo 700 anni prima?

Vorremmo rispondere alla domanda che qualcuno senza dubbio si porrà: «Come si fa a sapere che Isaia si riferisce alla morte di Cristo, se ha scritto settecento anni prima che Cristo nascesse?».

Leggendo Atti 8:32, ci si accorge che questa è proprio la domanda sollevata dall'eunuco etiope, quando Filippo gli si avvicinò sulla strada tra Gerusalemme a Gaza. L'eunuco tornava da Gerusalemme al suo paese, e leggeva il capitolo 53 di Isaia. Ci viene perfino detto quale parte del capitolo stava leggendo:

«Or il passo della Scrittura che egli leggeva era questo: “Egli è stato condotto al macello come una pecora; e come un agnello che è muto davanti a colui che lo tosa, così egli non ha aperto la bocca”».

La sua domanda a Filippo fu:

«Di chi, ti prego, dice questo il profeta? Di se stesso, oppure di un altro?»
(Atti 8:34).

Come possiamo quindi essere certi che Isaia si riferisse al Signore Gesù Cristo nel capitolo 53? Ecco la risposta di Filippo:

«Allora Filippo prese a parlare e, cominciando da questo passo della Scrittura, gli comunicò il lieto messaggio di Gesù» 
(Atti 8:35).

Anche Gesù, in Giovanni 12:38, citò un brano da Isaia 53 e lo applicò a Se stesso. La Bibbia non lascia dubbi sul fatto che Isaia 53 si riferisca a Cristo. Questo capitolo è come una fotografia della croce sulla quale Cristo morì. Leggiamo i versetti 2 e 3:

«Egli è cresciuto davanti a lui come una pianticella, come una radice che esce da un arido suolo;
non aveva forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né aspetto tale da piacerci. Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore,
familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna.»
         

Cristo era una radice uscita da un suolo arido. Questo significa che, al tempo della nascita di Cristo, la famiglia di Davide era stata tagliata fuori dal regno. I suoi discendenti non erano più principi, ma contadini. È venuto da una nobile famiglia che era stata spodestata, da una nazione che era diventata un vassallo di Roma, in un periodo di decadenza. Il fiore più bello dell'umanità è uscito dal suolo più arido e nel periodo più arido della storia del mondo.

«Non aveva forma né bellezza o maestà da attirare i nostri sguardi né aspetto tale da piacerci.» 

La Sua sofferenza era così intensa che anche il suo aspetto fisico ne è stato sconvolto; la croce non era una cosa bella, era assolutamente ripugnante per la vista. Gli uomini hanno modellato croci che appaiono attraenti, ma non rappresentano la Sua croce. La Sua croce non era bella da vedere, la Sua sofferenza è stata indicibile, la Sua morte orribile. Egli ha sopportato ciò che nessun altro uomo ha sopportato. Non sembrava neppure più umano, dopo la prova tremenda della croce.
Qual è il significato della profondità della Sua sofferenza?

«Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato!»
(Isaia 53:4).

Cristo fu «percosso da Dio e umiliato». Il profeta temeva che ciò non fosse abbastanza chiaro, così lo ha menzionato tre volte:

«Il Signore ha fatto ricadere su di Lui l'iniquità di noi tutti.» «Ma il Signore ha voluto stroncarlo con i patimenti.»

Eppure è stato proprio Dio Padre a trattarlo in questo modo terribile. Lo ha fatto perché la vita di Gesù doveva diventare un'offerta per il peccato, il sacrificio per il peccato del mondo. Gesù è stato trattato come PECCATO, ed infatti in 2 Corinzi 5:21 ci viene detto:

«Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui.»


Se volete sapere se Dio odia il peccato, guardate alla croce dove Gesù è morto. Se volete sapere se Dio punirà il peccato, considerate ciò che Gesù ha dovuto sopportare per scontare la pena al posto nostro. La croce è diventata come un altare sul quale l'Agnello di Dio ha tolto il peccato del mondo. Su quella croce, Gesù moriva per qualcun altro: moriva per voi e per me.

«Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace,
è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via;
ma il SIGNORE ha fatto ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti.»
  (Isaia 53:5-6)

In 1 Pietro 2:24, l'apostolo Pietro scrive:

«Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la sua giustizia, e MEDIANTE LE SUE LIVIDURE SIETE STATI GUARITI.»

Guariti da che cosa? Pietro chiarisce che siamo guariti dalle nostre trasgressioni e dai nostri peccati. Ora notate il meraviglioso versetto 6 di Isaia 53: comincia con «Noi tutti» e finisce con «noi tutti». «Noi tutti eravamo smarriti come pecore» - non alcuni di noi, ma tutti noi. Ed ecco il problema basilare dell'umanità: «Ognuno di noi seguiva la propria via». Questo è il nostro problema; l'uomo ha seguito la propria via, dimenticando la via di Dio. E la Scrittura dice ancora:

«C'è una via che all'uomo sembra diritta, ma essa conduce alla morte»  (Proverbi 14:12).

Un altro Proverbio ci esorta:

«Riconoscilo in tutte le tue vie ed egli appianerà i tuoi sentieri»(Proverbi 3:6).

Sebbene il Signore Gesù abbia detto: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Giovanni 14:6), siamo andati ognuno per la nostra via. «Ma il Signore ha fatto ricadere su di Lui l'iniquità di noi tutti»: Isaia sta spiegando che, quando è morto sulla croce, Gesù stava semplicemente prendendo il vostro posto e il mio. Egli non aveva fatto niente di sbagliato, era santo, innocente, puro, separato dai peccatori. Egli era il Sostituto che l'amore di Dio aveva provveduto per la salvezza vostra e mia.

Sicuramente non possiamo far altro che simpatizzare con le sofferenze di Cristo sulla croce, saremmo degli insensibili se non fosse così. Però, quello che Cristo vuole da voi, non è che simpatizziate con Lui. Non è morto per conquistarsi la vostra empatia, non è morto per arruolarci in Sua difesa. Tanto è vero che, mentre era sulla via della croce e le donne di Gerusalemme piangevano per Lui, Egli disse:

«... non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli ... Perché se fanno questo al legno verde, che cosa sarà fatto al secco?»
(Luca 23:28, 31).


Il primo martire Stefano morì vedendo i cieli aperti e Gesù in piedi alla destra di Dio (Atti 7:56). Ma il nostro Signore non è morto così. È morto ABBANDONATO da Dio, dicendo:

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»  (Matteo 27:46).

La Sua morte è stata diversa da quella di Stefano: è morto solo - solo con i peccati del mondo su di Sé. Egli è l'Agnello di Dio che ha tolto il peccato del mondo, prendendo il nostro posto.

Non possiamo chiudere le considerazioni sul libro del profeta Isaia senza presentare l’INVITO AL MONDO che troviamo nei versetti 1 e 2 di Isaia 55:

«O voi tutti che siete assetati, venite alle acque; voi che non avete denaro venite, comprate e mangiate!
Venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte!
Perché spendete denaro per ciò che non è pane e il frutto delle vostre fatiche per ciò che non sazia?
Ascoltatemi attentamente e mangerete ciò che è buono, gusterete cibi succulenti!» 
   

Questo capitolo si apre con un grido che sale dal cuore di Dio, rivolto a ogni persona perché si fermi e consideri la salvezza che Egli offre.
L'invito è limitato a una sola classe di persone, anche se potenzialmente risulta rivolto a tutti: «Voi tutti che siete assetati». Questo invito è per ogni uomo, donna e bambino sulla faccia della terra. Comprende ogni persona, qualunque sia la sua condizione di vita, lo strato della società a cui appartiene; ogni uomo, di ogni razza, tribù, lingua, condizione e colore. Tutti sono inclusi. L'invito è: «O voi tutti!», rivolto a coloro la cui sete non è stata spenta dalle cisterne costruite dall'uomo. L'invito è di bere abbondantemente e a lungo dalle fonti eterne.

L'invito è solo per chi ha sete e finché una persona non ha sete, cercherà di riempire la sua esistenza con cose che le diano sicurezza e la gratifichino.
Solo se avete sete, sarete interessati all'invito di Dio.
È l'ascolto della parola di Dio che soddisferà la vostra sete.
Vi siete mai soffermati ad ascoltare Dio? A leggere la sua Parola?
Isaia ci dice che Dio è misericordioso e pronto a perdonare. La più grande benedizione che potrete sperimentare nella vita è qualla di cercare trovare Dio, ricevere il suo perdono e quindi la vita eterna alla sua presenza.

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