In bilico fra rituali e fede

Sembra essere una necessità più che consolidata in quasi tutte le religioni: per arrivare a Dio bisogna fare qualcosa, recitare qualcosa, compiere dei rituali. Questa convinzione è anche radicata nel cristianesimo ma leggendo con attenzione la Bibbia troviamo che questa idea è contrastata con forza.

Pochissimo tempo dopo la morte di Gesù, alcuni Giudei insistevano nell’insegnare che si può arrivare a Dio attraverso il giudaismo: pretendevano che tutti i maschi convertiti al cristianesimo si facessero circoncidere, come del resto avveniva quando un pagano diventava un seguace del giudaismo.
L’importanza della circoncisione era causa di accese controversie nella chiesa primitiva. Essa era stata introdotta quando Dio l’aveva comandata ad Abramo (Genesi 17:10). Cristo stesso era un ebreo circonciso, e ugualmente i suoi dodici apostoli.
La questione era talmente delicata e importante che a Gerusalemme fu indetta una conferenza per discuterla (Atti degli Apostoli 15). La conclusione di questa conferenza fu che non era necessario seguire nessun rituale perchè non sono necessari per conoscere Dio. Tuttavia alcune cose furono suggerite ai cristiani per essere di buona testimonianza ed evitare di scandalizzare coloro che credevano.

Ci soffermeremo su un’affermazione di Paolo che a prima vista sembra lontana da questo argomento ma scavando sul suo significato scopriremo essere perfettamente calzante. Si tratta del versetto 20 del capitolo 2 della lettera ai Galati:

«Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me.»

L’idea che si era insinuata tra i Galati è la vecchia e sempre presente convinzione che l’uomo deve fare a tutti i costi qualcosa per meritare la salvezza. Paolo presenta Cristo e il suo sacrificio sulla croce come unico mezzo per riceverla: non ci sono rituali che l’uomo deve aggiungere o necessariamente fare per completare l’opera di Cristo. Gesù quando era sulla croce disse " Tutto è compiuto" ad indicare che la sua morte era l'unica cosa necessaria.
Paolo usa l'espressione “crocifisso con Cristo”, dunque proprio perché "inchiodato sulla croce", il cristiano non può fare nient’altro.
A volte ci si affanna per fare cose che ci fanno sembrare più bravi e ci giustificano davanti ai nostri occhi, ma Paolo afferma che tutto ciò è inutile:

 «Se siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché, come se viveste nel mondo, vi lasciate imporre dei precetti...?
Quelle cose hanno, è vero, una parvenza di sapienza per quel tanto che è in esse di culto volontario, di umiltà e di austerità nel trattare il corpo, ma non hanno alcun valore; servono solo a soddisfare la carne.
»
(colossesi 2:20-23)

Possiamo leggere ancora in Efesini, al capitolo 2, versetti 8 e 9:

«Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio.
Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti...»

Quindi non c'è nulla di pratico che possiamo fare che ci garantisca la salvezza. L'unico mezzo per essere salvati è avere fede nel sacrificio di Gesù, dono perfetto di Dio per tutti noi.

 

Ma ritorniamo al primo versetto che abbiamo citato e proviamo a scomporlo.

«Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! »
Apparentemente ci troviamo davanti a un paradosso: Paolo dice di essere stato crocifisso e di vivere; ma la crocifissione normalmente è preludio di morte, non di vita.

Possiamo paragonare questa situazione a quello che succede ad un seme quando viene piantato: il seme deve “morire”, venire interrato, non essere più seme, ma diventare germoglio per uscire dalla terra.
Per lo spirito dell'uomo avviene esattamente la stessa cosa: proprio come il seme, lo spirito deve “morire a se stesso” venendo “interrato con Cristo”, per diventare una vita nuova in Cristo.

Aggiunge Paolo: «Cristo vive in me.» Il nuovo io è caratterizzato costantemente dalla presenza e dall’aiuto di Cristo. Il cristiano è un “io” abitato da Cristo, sorretto da Cristo, fortificato da Cristo. Cristo è morto ed è resuscitato per realizzare questo nella vita di chiunque creda in Lui.

Paolo prosegue dicendo: «La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato sé stesso per me.»
Questa seconda parte ci chiarisce quale deve essere il nostro ruolo nella nuova esperienza di una vita abitata da Cristo. La nostra parte è quella di vivere la nuova vita tramite la fede in Gesù. In ogni momento della nostra giornata possiamo contare sulla sua presenza e sul suo aiuto.

E l’apostolo conclude: «il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me.» Qui troviamo una grandiosa realtà: l’amore di Cristo per me, per te. Che cosa significa che il Figlio di Dio «mi ha amato e ha dato se stesso per me»?

«Significa che Egli pagò il prezzo più alto possibile per dare a me il maggior dono possibile» (J. Piper).

La verità centrale del Vangelo è che chi crede in Gesù Cristo ottiene il perdono dei peccati, è giustificato davanti a Dio e ha la vita eterna.
La fede in Cristo è sufficiente per essere considerati giusti davanti a Dio. Non è necessario aggiungere la circoncisione o qualche altro rituale o sacrificio da fare, perché Cristo è il sacrificio per eccellenza, e sulla croce sono stati compiuti tutti i passi per la riconciliazione dell'uomo con Dio. «Tutto è compiuto.»

Questo discorso sarebbe però incompleto se lo chiudessimo a questo punto. Nella lettera agli Efesini al capitolo 2 il versetto 10 continua il discorso. 

«Infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo.»

Quindi siamo morti in Cristo e rinati, ricreati in Lui affinchè compiamo qualcosa di buono. Quello che facciamo però non ci rende più giusti o più bravi davanti a Dio.
Dio ha preparato delle opere che noi dobbiamo compiere: saranno la dimostrazione pratica del fatto che non viviamo più per noi stessi (morti), ma che appunto viviamo per Lui (siamo resuscitati in Cristo) e come degni figli, portiamo avanti l'opera del Padre, che è Dio.

 

 

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