Il serpente di rame

Leggendo l'Antico Testamento salta all'occhio il comportamento del popolo di Israele: era in grado di dimenticare con facilità estrema i prodigi che Dio aveva compiuto, così che puntualmente Dio si trovava costretto a correggerlo, per l'amore paterno che nutriva (e ancora nutre) nei confronti di questo popolo.

 

L'episodio del serpente di rame è raccontato al capitolo 21 di Numeri. Qui troviamo il Popolo di Israele che, inspiegabilmente scoraggiato dopo una vittoria contro i Cananei, mormora contro Dio e si lamenta di essere ancora nel deserto. Dio per correggerli manda nell'accampamento dei serpenti velenosi che con il loro morso fanno morire molti Israeliti. Il popolo si rende allora conto di avere peccato ancora nei confronti di Dio e chiede a Mosè di intercedere con Dio per loro.
Mosè, seguendo l’indicazione di Dio, forgia un serpente di rame, lo mette sopra un’asta in modo tale da renderlo visibile da tutto l'accampamento e spiega che Dio aveva detto che chiunque avrebbe guardato al serpente di rame, sarebbe sopravvissuto al morso mortifero dei serpenti velenosi.

Gesù stesso utilizza tale immagine come paragone, nella sua conversazione notturna con Nicodemo:

«E, come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna»
(Giovanni 3:14-15).

Gesù fu innalzato su una croce e tutta l’umanità, avvelenata dal peccato, può ora guardare a Lui e vivere. Infatti, il passo che abbiamo letto continua con quello che è il versetto chiave di tutta la Bibbia:

«Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna» 
(Giovanni 3:16)


Questa immagine riassume in modo chiaro il messaggio di salvezza che il Signore ci rivolge attraverso il Vangelo. Semplicemente "credere in Lui" per essere ricongiunti con Dio e avere una vita eterna con Lui.

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