Geremia era un uomo che si saziava della Parola di Dio, trovando in essa la vera gioia. Leggiamo in Geremia 15:16

«Appena ho trovato le tue parole, io le ho divorate; le tue parole sono state la mia gioia, la delizia del mio cuore,
perché il tuo nome è invocato su di me, SIGNORE, Dio degli eserciti.»

Non scrisse soltanto il libro che porta il suo nome, ma anche le Lamentazioni.

Figlio di un sacerdote che abitava nella città di Anatoth, Geremia iniziò il suo ministero circa cent’anni dopo Isaia.
Per la comprensione dei libri profetici biblici è utile leggere i libri storici da 1 Samuele a 2 Cronache, perché sono quelli che raccontano lo stesso periodo di tempo nel quale i profeti vissero e operarono. Mentre Geremia predicava a Gerusalemme, Ezechiele, più giovane di lui, predicava a Babilonia tra i deportati e contemporaneamente il nobile Daniele fu profeta alla corte di Nabucodonosor.
Anche Abdia, Naum, Abacuc, Sofonia, che troviamo tra i profeti dell’Antico Testamento, furono contemporanei di Geremia.

Diamo qualche accenno sulla situazione storica di quel periodo: il profeta Isaia aveva profetizzato durante il periodo in cui l’Assiria imponeva la sua egemonia nella regione. Isaia morì presumibilmente mentre in Giuda regnava il malvagio Manasse e sotto questo regno nacque Geremia. Intanto, i tempi erano cambiati, il regno del Nord era caduto e i suoi abitanti erano stati deportati dagli Assiri. L’Assiria in quel momento si trovava in pieno declino, Babilonia e l’Egitto lottavano per sostituirla come potenza dominante.
Quando Geremia profetizzava ormai da oltre vent'anni, Babilonia abbatté la potenza dell’Assiria e due anni dopo sconfisse l’Egitto (607 a. C.), dominando l'area per 70 anni, periodo che corrisponde alla durata della deportazione dei Giudei in Babilonia.
Geremia predisse tutte queste situazioni alcuni anni prima che si verificassero, ma vide anche in prospettiva futura l’avvento del Messia, preannunciandolo insieme agli altri profeti dell’Antico Testamento.
Non sappiamo nulla sulla sua fine. Una tradizione narra che il profeta morì lapidato, in Egitto, dai suoi connazionali che ancora una volta si rifiutavano di ascoltarlo.

Il messaggio di Geremia era rivolto ovviamente alla vita nazionale di quel periodo storico, tuttavia esso ha un valore importante anche per noi oggi. La parola ricorrente nel messaggio di Geremia è “infedeltà”, che compare ben 13 volte nel testo. Geremia è la voce di Dio che denuncia la religiosità esteriore, l’adulterio, la menzogna, l’ipocrisia (7:9-10; 7:8; 9:5, 8), note caratteristiche della sua generazione che aveva estromesso Dio dalla propria vita.
Ma questi non sono forse i segni di degrado che caratterizzano anche la nostra società?

Vedendo che il suo messaggio veniva rifiutato dalla maggioranza, il profeta comprese che il piano della grazia di Dio si rivolgeva ai singoli individui che erano pronti ad ammettere la propria condizione di peccato.
Geremia predicò che il cuore può essere trasformato per essere fedeli a Dio.
In questi cuori il Signore avrebbe scritto il nuovo patto della sua grazia (31:31-34; 50:5). Questo nuovo patto, che è diventato chiaro soltanto secoli dopo, è il patto che Gesù sigillò con il suo sangue sulla croce.

Se vuoi sapere di più su Geremia, leggi il breve approfondimento Geremia: profeta storico e spirituale

 

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Il nome Isaia deriva dall’ebraico e vuol dire “Jahvè salva”.
Isaia nacque verso il 770 a. C., probabilmente a Gerusalemme, città che conosceva molto bene. Si pensa appartenesse a una famiglia aristocratica, date le strette relazioni con la corte di Giuda. Era sposato con una profetessa e padre di almeno due figli.
Profetizzò per circa 60 anni. Fu chiamato a diventare profeta «nell’anno della morte del re Uzzia» (6:1) e cioè intorno al 740 a. C.
Suo contemporaneo fu il profeta Michea, mentre prima di lui operarono Amos e Osea, che profetizzarono soprattutto per le tribù del Nord, mentre Isaia e Michea diressero le loro profezie in modo particolare verso Giuda e la sua capitale, Gerusalemme.
Non conosciamo l’anno preciso della sua morte, ma probabilmente, dato che scrisse una biografia del re Ezechia (2 Cronache 32:32), Isaia morì durante il regno del successore Manasse.

Il nome di Isaia viene citato nel Nuovo Testamento più di qualsiasi altro profeta.
Le sue parole preferite sono: salvare, liberare, aiutare. Tutti verbi che hanno la stessa radice del suo nome.

In tutto lo scritto si nota un susseguirsi di metafore, immagini e paragoni.
Proprio una di queste immagini si presta a riassumere, in qualche modo, il contenuto del libro.
Il profeta paragona il popolo ad una vigna che il Signore aveva piantato e curato con amore, ma che, arrivato il tempo della vendemmia, aveva prodotto uva selvatica. Dio si aspettava rettitudine, invece il popolo viveva nell’ingiustizia. Al capitolo 6, Isaia riceve la gloriosa visione della santità di Dio e da quel momento sarà incaricato da Dio di annunciare i Suoi giudizi sul popolo. Essi sarebbero stati conquistati e deportati. Tuttavia, nella sua grazia, Dio avrebbe fatto in modo che i sopravvissuti (6:13) tornassero nella propria terra. Con un anticipo di circa 150 anni, Isaia preannuncia l'avvento dell’imperatore Ciro e l’editto da lui promulgato, con il quale avrebbe disposto il ritorno in patria degli Ebrei e la ricostruzione del tempio.

A rendere ancora più sorprendente questo testo è soprattutto la profezia riguardante la venuta del Messia, Gesù. Come quella di Ciro, la profezia riguardante il Messia si è avverata con esattezza, ma è ancora più ricca di particolari. Al capitolo 53, con una precisione sconcertante viene descritta la sofferenza che Cristo avrebbe sopportato fino alla croce. Avvenimenti annunciati con 700 anni di anticipo ( ti suggeriamo di leggere questo approfondimento a propisto di Isaia e le profezie riguardanti Gesù)

 

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