L'Ecclesiaste e Cristo

Come abbiamo già detto nella parte introduttiva all'Ecclesiaste, l'autore si guarda intorno e si interroga sul senso della vita, sembra come intuire che ci sia qualcosa di più oltre al correre tutti i giorni per cercare di raggiungere una felicità che sembra irraggiungibile.

Ed è proprio su quel senso profondo di insoddisfazione che dovremmo focalizzarci un attimo. Perchè siamo insoddisfatti? Perchè non siamo mai contenti? Quali sono i parametri che dovrebbero aiutarci a capire cosa fare e cosa non fare? quale è la linea che demarca ciò che è male da ciò che è bene?

Prendiamo ad esempio gli scritti dell'autore dell'Ecclesiaste: lui è certo del giudizio divino (3:17, 11:9, 12:14) e sa che ogni opera umana passerà per il giudizio finale. Nella Lettera ai Romani, 2:6, si legge:

«Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere».

Quelle che l'uomo definisce come buone opere non potranno salvarlo dal giudizio divino, perché non avranno nessun peso, nessun valore, sul piatto della bilancia della giustizia di Dio.
In quel giorno, scrive sempre l'apostolo Paolo in Romani 2:16,

«Dio giudicherà i segreti degli uomini».

Dio conosce ogni cosa e appunto per questo, ha provveduto un Salvatore, un mediatore tra noi e lui: Gesù Cristo.

«Cè un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti»
(1 Timoteo 2:5-6).

Non possiamo niente con le nostre forze, con le nostre buone opere. Cristo è morto al posto nostro per pagare per i nostri peccati, perché non c'era un altro modo per riconciliarci con Dio.
È stato soltanto con Cristo che è stata gettata una luce completa sulla vita e l’immortalità. È l’apostolo Paolo ad affermare che

«l'apparizione del Salvatore nostro Cristo Gesù ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l'immortalità mediante il vangelo»
(2 Timoteo 1:10).

Con la sua resurrezione, Cristo ha dato al mondo la certezza della vita oltre la morte.
Il pensiero dell’eternità che si rinviene nel libro dell'Ecclesiaste acquista maggiore chiarezza alla luce della venuta di Cristo. E allora “sotto il sole” non si osserva più la vanità, ma la gioia, la pace, la speranza. Gesù non adoperò mai la parola vanità , ma parlò invece molto della sua gioia, anche nella prospettiva della croce.
Gioia è una delle parole chiave del Nuovo Testamento. In Cristo, l’umanità ha trovato la risposta al desiderio di tutte le epoche.

«Lo scopo del libro dell'Ecclesiaste è dimostrare che la nostra felicità non consiste nell’avere quel che vogliamo e nel fare quel che desideriamo, ma nell’avere il Creatore come nostro Dio» (Matthew Henry).

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