Amos e la chiesa del Nuovo Testamento

Il popolo di Israele è il popolo che Dio ha scelto affinché potesse essere suo testimone sulla terra e potesse parlare e dimostrare la meraviglia di Dio al mondo intero. In tutta la storia di Israele però scopriamo che questo popolo era in grado di dimenticare così velocemente i prodigi che Dio operava in suo favore e l'amore che gli aveva dimostrato in maniera costante, tanto da allontanarsi proprio da Dio e rinnegarlo a più riprese.

Per questo i profeti venivano chiamati da Dio a riprendere il popolo e cercare di rimetterlo in “carreggiata”. La riprensione di Dio nei confronti del suo popolo non è mai fine a sé stessa, ma ha lo scopo di riavvicinarlo a sé e di ristabilire quella relazione stretta di amore e cura che Dio vuole avere con ciascuno.
Infatti, anche il libro di Amos termina con delle promesse incoraggianti per Israele: il rientro dall'esilio, il ritorno stabile nella sua terra (un evento che si è verificato poi soltanto alla fine della Seconda guerra mondiale) per non esserne mai più sradicato.
Ma c'è un passo in particolare nell'ultimo capitolo di Amos, in cui è preannunciato il giorno in cui i non ebrei saranno inclusi tra il popolo di Dio:

«"Quel giorno io rialzerò la capanna di Davide che è caduta, ne riparerò i danni, ne rialzerò le rovine, la ricostruirò com'era nei giorni antichi,
affinché possegga il resto di Edom e tutte le nazioni sulle quali è invocato il mio nome", dice il Signore che farà questo»
(Amos 9:11-12).

L'espressione “possedere Edom” si riferisce alla popolazione degli Edomiti che all’epoca dei Maccabei, nel 126 a.C., sarebbero stati incorporati nella nazione ebraica da Giovanni Ircano, dopo secoli di diatribe (ricordiamo che Edom fu il soprannome di Esaù, che vendette il suo diritto di primogenitura a suo fratello Giacobbe per un piatto di lenticchie. Questo particolare racconto lo troviamo in Genesi 25:29-34).
Ma vogliamo puntare i riflettori su questa parte del versetto: tutte le nazioni sulle quali è invocato il mio nome.

È il libro degli Atti degli apostoli che ce lo spiega chiaramente.
Il primo ad intuire che il giorno preannunciato da Amos era arrivato fu Giacomo, la guida più autorevole della chiesa di Gerusalemme. Durante la conferenza tenuta in questa città per esaminare il ruolo degli stranieri nei piani di Dio, Giacomo trovò nella profezia di Amos la conferma all’intenzione divina di salvare tutti gli stranieri disposti ad invocare il nome del Signore. Citando proprio il passo che abbiamo riportato sopra, fa presente l'adempimento di questa profezia perché in quel tempo molti stranieri avevano accolto il messaggio del Vangelo.
Apprendiamo, così, che lo scopo di Dio era di scegliersi tra i pagani “un popolo consacrato al suo nome”. E solo l’opera di Gesù Cristo, il Messia, lo aveva reso possibile.
Dunque, le promesse che riguardano Israele richiedono, per il loro adempimento, l’inclusione degli stranieri nei piani di Dio (At 15:12-18).
Pertanto i richiami del Signore che troviamo nel testo di Amos valgono, non solo per Israele, ma anche per noi oggi.
Amos esortava il popolo dicendo: «Preparati ad incontrare il tuo Dio!». Questo avvertimento è rivolto anche a noi, vale anche per te: «Preparati ad incontrare il tuo Dio!».
È importante prepararsi ad incontrare Dio, perché un giorno ognuno di noi si troverà davanti a Lui. Possiamo essere pronti grazie a Gesù Cristo, il giusto che ha sofferto per gli ingiusti, per poterli portare a Dio. Attraverso Gesù, Dio ci viene incontro non come un giudice, ma come un padre che accoglie un figlio ritrovato.

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